Le onde di colore del grande dipinto appeso alla parete catturano e ammaliano. Sembrano cirri addensati nelle sfumature di un’alba.

Intorno, l’ambiente a doppia altezza è luminoso ma denso: un po’ soggiorno, un po’ salotto, anche ingresso. Il divano in stoffa colorata, insieme al camino in ghisa di fattura francese, delimita un angolo per letture e chiacchiere; al centro, un enorme carro in legno, che prima trasportava grano, serve da tavolo da pranzo. In fondo, la cucina è un collage: c’è la grande vasca di lamiera come lavabo, la stufa economica, un quadro della Madonna con l’aureola di lucine sempre accese. Le pentole, esposte alla rinfusa sul muro. Ovunque, oggetti antichi e ritrovati – anfore, bauli, vecchie sedie spaiate – si mescolano a opere d’arte: di Aldo Mondino, Mario Schifano, Alighiero Boetti, Enzo Cucchi, tra gli storici, e di Diego Perrone, Andrea Bianconi, Nico Vascellari, Gabriele De Santis, tra gli amici artisti più giovani. Alla maniera di quelle onde di colore sedimentate, lo spazio intero appare una stratificazione di presenze dialoganti in scenografie intense; pagine di un diario di racconti e pensieri, dove memoria e presente si fondono.

Questa collezione personale, composita, eppure estremamente reale e autentica, oggi si chiama Consorzio Loretello e è un pezzo della vita del pittore Roberto Coda Zabetta. Protagonista del panorama artistico contemporaneo, sperimentatore di mondi e di tecniche, mente libera e curiosa, il biellese ha trasformato un vecchio edificio precedentemente sede del Consorzio Agrario della città di Ancona in uno spazio intimo e domestico e, insieme, in un’impresa corale, che nel tempo ha catalizzato una comunità appassionata di persone.

«Sono capitato nelle Marche per caso», ricostruisce Coda Zabetta. «Era una tappa di un viaggio nel sud dell’Italia, dove stavo andando a cercare un posto per vivere e lavorare fuori dalla mia città d’elezione, Milano. Una casa, ma in senso ampio, con le caratteristiche del mio mondo. Anno 2007. Mi sono ritrovato in questo piccolissimo paese dell’entroterra anconetano, 300 anime. Arcevia, il suo comune, è tra i più belli e ricchi di storia della regione. Ha nove castelli e uno di questi è proprio Loretello. Avevo trovato lì ciò che desideravo».

Un cantiere durato 10 anni, condotto dall’artista insieme agli artigiani della zona, ha recuperato materiali e oggetti esistenti nel rispetto della tradizione e dello spirito del luogo. Così il pavimento in cotto è stato restaurato, le pareti interne sono state ridisegnate; sono state aperte finestre sul giardino e le colline circostanti per illuminare l’intero volume, in cui Coda Zabetta ha ricavato anche uno studio con un archivio di opere e un soppalco in legno – per due camere da letto e un piccolo guardaroba – dove le stanze, intrecciate come un caldo alveare, sono delimitate da pannelli in metallo grezzo a saliscendi. Anche qui libri, disegni, vhs, design d’autore, mobili ereditati; capolavori di Mario Giacomelli, Luigi Ghirri, Emilio Scanavino, Enzo Mauri, Carlo Valsecchi convivono con tele del Seicento.

«Amo trascorrere qui mesi interi, soprattutto d’inverno. L’anno scorso ci ho speso lunghe pause durante i cantieri di land art a Napoli e Portivy, in Bretagna. Ci ho vissuto la gestazione artistica, qui ho portato il dolore e la gioia, ne ho fatto un rifugio per la famiglia e gli amici. E è diventato la sede dei compleanni degli abitanti del paese e degli eventi pubblici. Tutti hanno le chiavi per entrare». Un’opera d’arte totale e umana, diventata un riferimento locale e un intervento di cura e rigenerazione del territorio. Consorzio Loretello è infatti anche un progetto per residenze d’artista, iniziativa che Coda Zabetta condivide con la compagna Paola Clerico, curatrice e consulente d’arte. «Ospitiamo i ragazzi dell’ultimo anno della London Metropolitan University che in Consorzio possono realizzare concretamente le tesi, portando un arricchimento a tutto il contesto. Quest’anno gli studenti sono stati 25. Collaboriamo con realtà culturali regionali e con una comunità di rifugiati politici che si trova a pochi chilometri di distanza. Questo spazio in movimento promuove il dialogo dei saperi e la valorizzazione del senso di appartenenza alla terra attraverso l’arte, la cultura, la prossimità. È una destinazione che vuole accogliere la vita in tutte le sue forme. Mi piace pensare che un luogo dalla vocazione sociale come un consorzio, che incarna uno spirito genuino di sostegno e collaborazione, sia diventato un sistema energico, poliedrico, fertile per proposte e stimoli. Dove a unire sono le idee».

Di Alessia Pincini

 

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